Kontrapunkte

Diese Kolumne steht für Interviews, zum Anhören von Meinungen und zum Vorschlagen von Debatten von musikalischen Themen zur Verfügung, d.h. zur Didaktik, zur sozialen Rolle der Lehrer*innen, zur Unterstützung der Provinz im Bereich der Musik, zur Volksmusik der Alpenraum, und zu anderen Themen von gemeinsamen Interesse.

Die Beitrage werden von Lehrer*innen der Musikschule veröffentlicht, aber auch die Schüler*innen der Musikschule sind eingeladen, ihre Schriften vorzuschlagen. Die Beiträge sollen Mauro Franceschi, dem Herausgeber der Kolumne, an die folgende Adresse geschickt werden: Mauro.Franceschi@provincia.bz.it.

Guglielmo Barblan (siena 1908 - Milano 1978): un critico per tutte le stagioni. Parte quarta.

La critica musicale durante il regime fascista e nell’immediato secondo dopoguerra sulle colonne dei quotidiani "La provincia di Bolzano" e "Alto Adige". Di Giuliano Tonini.

Mario Mascagni
Mario Mascagni

7. Galleria di grandi nomi della musica transitati a Bolzano


7.1 Direttori d’orchestra
a. Una bacchetta esordiente
Carlo Maria Giulini (1914-2005) mosse i suoi primi passi nel mondo della musica nel corso degli Anni Venti frequentando gli ambienti musicali gravitanti attorno alla scuola di musica del Musikverein poi del Liceo Musicale “G. Rossini” nella classe di violino di Leo Petroni. Nel 1928 si fece ascoltare dal celebre violinista Remigio (Remy) Principe, di passaggio a Bolzano per un concerto che lo volle come allievo ai suoi corsi al Conservatorio di Santa Cecilia a Roma dove si diplomò nel 1936.

Sabato 10 ottobre 1936 fu invitato a inaugurare la stagione concertistica 1936/1937 nella sala del Circolo Savoia di Bolzano “dove una folla di ascoltatori raccolti e attenti, si era data convegno per assistere ad una interessante esecuzione offerta dal violinista concittadino Carlo Maria Giulini. Il giovane concertista che da tempo si è affermato nella capitale ha in questa sua prima audizione nella nostra città, dato una bella prova delle sue qualità tecniche e musicali, tutte pervase da una simpatica ed equilibrata ondata di slancio giovanile. Il suo suono è pieno e penetrante, costantemente sorretto da un’arcata sicura e morbida, mentre la sua mano sinistra sa ben superare con bravura anche ardite difficoltà tecniche. Le sue interpretazioni sono poi vive e calde, e portano ben chiara la impronta di una sensibilità ricca di emotività e sempre aderente al pensiero della composizione. Di ciò ne avemmo evidente prova nei pezzi che costituivano il programma: da “La follia” di Corelli, al concerto in “la minore” di Saint-Saëns, in brani di Principe, Ravel, Ries ed in pagine concesse per bis. […] Con squisito equilibrio e raro senso musicale ha collaborato al pianoforte la signorina Marcella Chesi del nostro Conservatorio.” (La Provincia di Bolzano, domenica 11 ottobre 1936).

Nel 1934 Giulini vinse il concorso per un posto nell’orchestra dell'Augusteo e come viola di fila ebbe modo di suonare con celebri direttori e compositori del tempo. Questa straordinaria esperienza contribuì a far nascere in lui l’interesse per la direzione. Frequentò i corsi estivi dell’Accademia Chigiana di Siena e dopo aver conseguito nel 1939 il diploma in composizione diresse alcuni concerti con formazioni studentesche. E in questa veste di direttore Giulini prese parte al concerto di musiche di giovani autori del GUF che ebbe luogo nella sala “Dante” di Bolzano giovedì 30 marzo 1939: “Nella direzione del complesso orchestrale abbiamo potuto notare ancora una volta la coscienziosa ed attenta preparazione del m.o Carlo Maria Giulini che ha dato una bella prova delle proprie doti di musicista nel portare brillantemente a termine la propria fatica, malgrado un esiguo numero di prove. Il suo gesto ampio e significativo ha ottenuti risultati degni di rilievo, donando incisività ed efficacia alle varie composizioni.” (La Provincia di Bolzano, venerdì 31 marzo 1939).
Al maestro Giulini, che diresse l’Orchestra Filarmonica di Milano nel Duomo di Bolzano il 12 dicembre 1985 (Brahms, Sinfonie nn. 2 e 4) e l’orchestra giovanile europea nel Palasport di via Resia il 16 agosto 1994 (Brahms, Sinfonie nn. 2 e 4), fu conferita nel 2002 la cittadinanza onoraria e gli venne dedicata una via laterale di viale Druso. È sepolto nella tomba di famiglia del cimitero di Oltrisarco.

7.1 Direttori d’orchestra
b. Due prestigiose bacchette
Il nome di Gino Marinuzzi (1882-1945), direttore d’orchestra e compositore (secondo lo storico della musica Paolo Isotta il più grande direttore d'orchestra del Novecento) compare due volte nelle cronache musicali locali firmate da Barblan, una prima volta nel 1937 alla guida dell’orchestra del Teatro “alla Scala” e una seconda volta alla guida dell’Orchestra stabile fiorentina (Maggio Musicale Fiorentino) nel 1938 nel decimo anniversario della sua costituzione. Venerdì 15 ottobre il maestro Marinuzzi salì sul podio del Salone di Cura (Kursaal) di Merano dirigendo l’orchestra scaligera in un articolato programma che comprendeva il Concerto grosso op. 4 n. 10 di P. A. Locatelli da lui stesso trascritto per orchestra d’archi, la Seconda Sinfonia di J. Brahms op. 73, la sua Rapsodia Sicania (1909), il poema sinfonico «Il cigno di Tounela» di Sibelius, «Pacific 231» di Honegger, l’Ouverture «Leonora N. 3» di L. van Beethoven. “Abbiamo ancora il cuore traboccante di musica, mentre gettiamo giù queste note di cronaca per l'avvenimento artistico che, crediamo, sia unico negli annuali delle sale da concerto della nostra regione. Il successo, al quale partecipammo con impeto, unendo la nostra voce al coro di entusiasmo che ha salutato ieri sera il maestro Gino Marinuzzi e la sua meravigliosa orchestra, ci risuona ancora nelle orecchie con gli applausi che incessanti hanno crepitato per molti minuti, ad ogni passo dello svolgimento del programma. Riccardo Strauss che assisteva, al concerto, dalla prima fila di poltrone, ha costantemente dato il segnale degli applausi; instancabile nel tributare al nostro direttore le più calorose accoglienze.” (La Provincia di Bolzano, sabato 16 ottobre 1937)

Martedì 19 ottobre 1927 il maestro Marinuzzi e la celebre orchestra milanese furono ospiti del Teatro Civico di Bolzano dove replicarono il programma meranese: “E vorremmo insistere ancora sul carattere spiccatamente «italiano» dell’arte direttoriale del Marinuzzi. […] Certi pregiudizi e arrugginite frasi fatte che qualche diecina d'anni fa ebbero grande fortuna presso coloro che avevano interesse e godevano un mondo a denigrarci, anche in ciò che era nostro sacrosanto patrimonio, fecero sì che l'appellativo di « italiano » fosse quasi sinonimo di faciloneria: dopo una prova come quella di ieri sera questo significato noi lo vorremmo sottolineare meglio, definendolo appunto come la ambita dote di coloro che riescono ad assimilare tutta la scienza di questa terra, senza diventare degli scocciatori; ma restando vivi, palpitanti, pieni di comunicativa, artisti insomma. E in questo senso Marinuzzi è direttore profondamente italiano: del resto si dovrebbe essere chiusi ad ogni amplesso musicale per non accorgersi di colpo fino a qual punto egli abbia saputo rivivere la spiritualità dei compositori in programma.” (La Provincia di Bolzano, mercoledì 20 ottobre 1937).

Marinuzzi si ripresentò al pubblico bolzanino a distanza di qualche mese dirigendo nel Teatro Civico che nel frattempo aveva assunto la denominazione di Teatro “Verdi” l’orchestra del Maggio Musicale Fiorentino. In programma l’ouverture dell’opera « Olimpia» di G. Spontini, la Sinfonia “Jupiter” KV 551 di W. A. Mozart, il «Preludio e preghiera» per soprano e orchestra composto nel 1934 da G. Marinuzzi in memoria del figlio tragicamente scomparso, il poema sinfonico «Till Eulenspiegel» di R. Strauss e il «Preludio e morte d'Isotta» di R. Wagner (due autori particolarmente cari al direttore italiano di cui contribuì a diffonderne le opere tra il pubblico italiano attraverso celebri interpretazioni) e, fuori-programma, la sinfonia dei «Vespri siciliani» di G. Verdi. “La dittatura non traspare dalla bacchetta del Marinuzzi che in ogni gesto anche il più violento, non comanda con durezza, ma si erge sulla massa degli strumentisti con l’aspetto di un compagno che sa convincere con bontà di espressione e con verità di ragionamento.” (La Provincia di Bolzano, sabato 2 aprile 1938)

Giovedì 30 aprile 1942 il maestro Antonino Votto (1896-1985) celebre direttore della Scala di Milano, erede di Toscanini il quale come lui, soleva dirigere a memoria, diresse nel teatro “Verdi” il secondo dei concerti orchestrali organizzati dalla neonata Società dei Concerti al termine della sua prima stagione concertistica. L’orchestra non era quella scaligera ma riuniva musicisti diversi fra i quali “è doveroso ricordare che molto si sono distinte le prime parti dell’orchestra, in special modo gli strumentini (Roberto Furlani flauto, Giuseppe Massari oboe, Eugenio Brunoni clarinetto e Aldo Montanari fagotto) docenti del nostro Conservatorio.” “Né il gesto di questo direttore ha bisogno di effondersi in retorica plastica per ottenere dall’orchestra il massimo, ché la chiarezza delle intenzioni è convalidata dalla misurata sobrietà della sua partecipazione fisica alla esecuzione orchestrale. La sobrietà del gesto corrisponde del resto pienamente alla sensibilità schiva di smancerie e di orpelli di questo musicista: mai in lui gli abbandoni melodici o le esaltazioni foniche confinano con gli incomposti impulsi di una psicosi musicale, ma al contrario si delineano sempre incorniciati nella contenuta luce di una musicalità sana e scevra di banalità.” (La Provincia di Bolzano, venerdì 1° maggio 1942).

Il maestro Votto diresse anche il quarto e conclusivo concerto orchestrale della seconda stagione concertistica della Societá dei Concerti sabato 8 maggio 1943 nel nuovo Palazzo del Turismo. “Il pubblico ha applaudito attraverso la acuta e fedele bacchetta del maestro, la massiccia Quarta Sinfonia di Brahms, una delle più geniali per la scelta tematica e la varietà di sviluppi del compositore amburghese, la mirabile Introduzione e Danza di De Falla, incantevole pagina sprizzante la inesausta vitalità ritmica tipicamente mediterranea e quindi il Preludio e morte di Isotta dall’opera wagneriana e l’introduzione de La forza del destino. Nell’onda travolgente di così disparati stili, costantemente messi a fuoco dalla avveduta direzione, il programma segnò una sempre più viva partecipazione agli spiriti della musica, sì che alla fine prorompente fu l’esplosione del comune entusiasmo.” (La Provincia di Bolzano, domenica 9 maggio 1943)

7.2 Pianisti-fortisti e cameristi
Ignaz Friedman (1882-1948) pianista e compositore ebreo-polacco, era considerato uno dei maggiori virtuosi e uno dei più interessanti interpreti chopiniani dell’epoca. Friedman era stato allievo di F. Busoni del quale frequentò la Meisterklasse viennese nel 1908 e dal 1930 al 1939 risiedette a Siusi allo Sciliar. Allo scoppio della seconda guerra mondiale si trasferì in Australia per sfuggire alla persecuzione nazista. Diede due memorabili recital pianistici nell’allora Teatro Civico di Bolzano, venerdì 2 giugno del 1933 e venerdì 21 settembre 1934, eseguendo brani di Hummel, Beethoven, Chopin, Debussy, Skrjabin, Paderewsky, Friedman, Schumann e la Ciaccona di Bach-Busoni. “Ben poca cosa sono le più alte parole, ben deboli i superlativi di ogni classe, per dire degnamente di tutte le gioie di cui ci fece partecipi ieri sera il pianista Ignazio Friedmann, attraverso il poderoso programma svolto al nostro Civico. Serata indimenticabile per tutti coloro che ebbero la fortuna di assistervi e che bevvero alla fonte inesauribile del generoso artista le più alte espressioni della potenza musicale.” (La Provincia di Bolzano, sabato 3 giugno 1933).

Attilio Brugnoli (Roma, 1880 - Bolzano, 1937) fu pianista, compositore, didatta era docente di pianoforte al Conservatorio «Cherubini» di Firenze. Dal 1918 lavorò su incarico di Casa Ricordi alla revisione dell’opera pianistica di Chopin, inventò strumenti per l’allenamento e lo sviluppo dei muscoli del braccio e delle dita e nel 1926 pubblicò la sua opera didattica più famosa: Dinamica pianistica. Trattato sull’insegnamento razionale del pianoforte e sulla motilità muscolare nei suoi aspetti psico-fisiologici. Dal 6 luglio del 1937 Brugnoli si trovava a Bolzano incaricato dal Ministro dell'Educazione Nazionale a presiedere gli esami di diploma di pianoforte nel Liceo Musicale “G. Rossini”. Il 10 luglio moriva all’età di 56 anni all’Ospedale di Bolzano dove era stato ricoverato per l’improvviso aggravarsi delle sue condizioni di salute. Questo il racconto delle giornate bolzanine del maestro Brugnoli: “Trovai l'illustre musicista, assai toccato dai pochi anni che ci separavano dal nostro ultimo incontro. […] Nelle prime due sere di permanenza nella nostra città, il Maestro, che amava la notte ed il raccoglimento delle strade deserte, dopo aver salutato gli altri musicisti, ebbe a parlarmi di musica e di artisti, di giudizi e di episodi, di realizzazioni e di aspirazioni, battendo forte su quei suoi temi preferiti, che avevano come luminosa base una più alta, quasi mistica valutazione dell'arte dei suoni. Due serate indimenticabili, piene di profumo e di pensiero, dove la saldezza del ragionamento si sposava al fervido pulsare della fantasia. […] la sorte malvagia e stupida volle colpirlo con inaudita ferocia. La terza sera il nostro appuntamento fu al lettuccio d'ospedale dove il maestro agonizzava. La sua fibra lottava gli ultimi palmi di terreno alla morte. E non c'era speranza. […] Le dita, di una bellezza incomparabile, assumevano nell'ombra forme mai viste, e sembravano allungarsi ed assottigliarsi forse per raggiungere le tastiere dell'infinito. In quell'ultimo sforzo disperato si agitava tutta l'ansia d'arte ed il «perenne tormento», che vivevano ancora: oltre la vita. Ma forse in quel momento il Maestro ascoltava già le armonie che durante l’esistenza terrena aveva inutilmente agognato. Così gli artisti entrano nell'eternità.” (La Provincia di Bolzano, martedì 13 luglio 1937).

Ma la figura più illustre di pianista di cui si occuparono le cronache musicali stese dal Barblan nei primi anni Quaranta fu indubbiamente quella di Arturo Benedetti Michelangeli (1920-1995) invitato ad inaugurare la prima stagione concertistica della neo-costituita Società dei Concerti di Bolzano martedì 24 febbraio 1942. “Poiché se noi dicessimo che Arturo Benedetti Michelangeli è tecnico perfetto e interprete profondamente maturato in una esperienza musicale che confrontata con i suoi vent’anni o poco più fa gridare al miracolo; se ci soffermassimo a sottilizzare sul magistero del suo tocco o sull’avveduto uso del pedale, frutto certo di un connubio spettacoloso fra l'intelligenza espressiva ed un intuito privilegiato, noi non faremmo che sottolineare doti singolarissime e tutt'altro che comuni anche in molti pianisti di fama. Il miracolo della sua arte infatti inizia proprio là dove quelle doti finiscono, e dove l'opera di vera magia ha il suo regno. […] Quando Benedetti Michelangeli suona le sue dita vanno infatti al di là del verbo puramente sonoro che si sprigiona dal pianoforte, sia che egli carezzi con principesca nobiltà la tastiera sia che la martelli con imperiosa veemenza, poiché l'ondata musicale viene plasmata da una fantasia sorprendente ed è tutto un susseguirsi di evocazioni di immagini, di stati d'animo, di sentimenti. E tutto ciò, si badi bene, senza che mai i valori ritmici o strutturali del brano vengano mai turbati. […] e poi nei numeri fuori programma reclamati a gran voce dal pubblico, fra i quali ricordiamo la stupenda «Habanera» di Albeniz, è stato un susseguirsi di momenti indimenticabili che scaturivano per incanto da un magico potere evocatorio. Alla dinastia dei Liszt, dei Paderewsky, dei Busoni la nostra patria aggiunge oggi il nome del ventenne Benedetti Michelangeli, e di ciò non possiamo che rallegrarcene di cuore. […] La Società dei concerti non poteva nascere con più propizi auspici.” (La Provincia di Bolzano, mercoledì 25 febbraio 1942).

Benedetti-Michelangeli avrebbe dovuto concludere la seconda stagione concertistica della Società dei Concerti con un recital programmato per lunedì 5 aprile 1943 nella Camerata del Littorio di piazza Vittorio Emanuele III ma un’improvvisa indisposizione del pianista costrinse gli organizzatori a rinviare a data da destinarsi il suo recital. Queste improvvise cancellazioni di recital diventeranno una costante nella carriera di Michelangeli e contribuiranno a ingigantirne l’aura. Di questo mancato recital ci rimane però il programma: Bach, Concerto in stile italiano, Scarlatti, tre Sonate, Beethoven, Sonata op. 2 n. 3, Chopin, Fantasia op. 49 e Andante spianato op. 22, Stravinskij, Danza russa.

A Bolzano venne tenuta a battesimo la carriera concertistica di un giovanissimo Trio che avrebbe ben presto acquistato una notorietà internazionale: il Trio di Trieste. Nell’ambito degli scambi fra giovani musicisti delle diverse sezioni nazionali del G.U.F. (Gioventù Universitaria Fascista), i tre musicisti del GUF triestino, il pianista Dario De Rosa (1919-2013), il violinista Renato Zanettovich (1921) e il violoncellista Libero Lana (1921-1989) furono invitati dalla sezione musicale del GUF bolzanino a tenere un concerto nella Sala “Dante” venerdì 26 gennaio 1940. In programma il Trio op. 70. n. 1 di L. van Beethoven, il Trio Hob XV:25 di F. J. Haydn ed il Trio n. 1 op. 35 di J. Turina. “È rara virtù delle sale da concerto quella di offrirci delle rivelazioni, che abitualmente solo i nomi sanzionati dal glorioso lauro riescono a trattenere con gioia l'attenzione degli ascoltatori raccolti nel nome della musica. […] Dario De Rosa (pianoforte), Renato Zanettovich (violino), e Libero Lana (cello), sono giovanissimi; nessuno di loro tocca i vent'anni, ma l'età, in certi casi, non vuol dir nulla: giacché questi tre «ragazzi» ci hanno dimostrato di saper incominciare laddove, non sempre, molti finiscono. […] Che i magnifici componenti il trio del G. U. F. triestino abbiano compreso le esigenze del compito di eseguire musica d'assieme, con l'onestà che distingue gli artisti dai semplici strumentisti, ce lo disse subito il fatto di vederli suonare a memoria. E, intendiamoci bene, non per il virtuosismo di una sì rischiosa impresa che ci impressionò, ma il fatto che anche questa ci confermò il punto di completa preparazione raggiunto da questi ammirevoli ragazzi.” (La Provincia di Bolzano, sabato 27 gennaio 1940). A distanza di un anno venerdì 7 febbraio 1941 il Trio di Trieste si ripresentò al pubblico bolzanino nella Camerata del Littorio con il Trio op. 87 di J. Brahms, lo «Scherzo» del Trio n. 1 op. 59 di G. Martucci ed il Trio op. 99 di F. Schubert riconfermando la loro eccezionale statura artistica: “L'anno scorso questo Trio giunse fra noi in una delle prime tappe fuori della natia Trieste: noi non durammo molta fatica a scoprire in esso il miglior complesso strumentale che oggi possieda l’Italia, e lo dicemmo senza reticenze, che non era il caso di usare mezzi termini. In questo secondo incontro si sono affermate ancora vittoriosamente le qualità, superbe veramente, di un equilibrio ideale, di un affiatamento portentoso, di una comunione di intenti interpretativi sorprendente. Chi ci conosce, sa che simili aggettivi non ricorrono spesso nella nostra prosa; ma questa volta non è il caso di pesare le parole.” (La Provincia di Bolzano, sabato 8 febbraio 1941)

7.3 Voci della lirica
La rosa di famosi cantanti lirici del tempo transitati sulle scene liriche bolzanine si apre con il soprano Toti dal Monte (1893-1975) nome di spicco delle celebrazioni belliniane nel Teatro Civico sabato 9 maggio 1935: “Una data destinata a rimanere nella mente di chi ha avuto il privilegio di assistervi, una vera festa d'arte che ha convinto, commosso ed esaltato tutti per la perfezione dell'esecuzione, per le bellezze che sono state donate a profusione, per quel sublime affratellamento d'anime che è un miracolo che si compie solo nel nome dell'arte... Dobbiamo alla Toti dal Monte se ci è stato concesso di ascoltare l'opera nella sua vera luce, quassù fra noi, questa divina Sonnambula [...] Ieri sera ci ha donato qualcosa di più delle corone acutissime, dei getti di trilli, della ideale purezza del suo canto [...] Il personaggio di Amina ha vissuto compiutamente il suo piccolo dramma d'amore: in ogni momento palpitante di verità d'arte [...] Né accanto alla cantante d'eccezione va dimenticata la Toti attrice, che il suo vivere la scena ci meravigliò non poco. Incredibilmente semplice e veritiera la sua scena come il suo canto.” (La Provincia di Bolzano, venerdì 10 maggio 1935)

Giovedì 24 giugno 1937 approdò a Bolzano nel piazzale antistante la Casa del Balilla (in via Vintola) una star della lirica: il tenore Beniamino Gigli (1890-1957). “Quando Beniamino Gigli è comparso alla folla incredibilmente affollante il vasto recinto all’aperto, non è stato l’uragano di applausi che lo ha accolto che ci ha colpito, quanto quel senso quasi mistico che portano in sé coloro che appaiono destinati a rappresentare in seno all’umanità i fecondatori di gioia e di benessere nel nome sacro dell’arte. Quando la sua voce ha iniziato il proprio cammino nell’aria abbiamo avuto la netta sensazione di entrare in un’atmosfera più alta, più rarefatta, più nobile. […] In Gigli tutto vive nel canto e per il canto: egli stesso sembra impastato di canto. Gli altri tenori fanno con la voce quello che possono, Gigli ne fa quel che vuole. Egli non conosce limiti, non sa se esistono ostacoli: probabilmente non gli ha mai incontrati nella gloriosa ascesa canora.” (La Provincia di Bolzano, venerdì 25 giugno 1937). Gigli condivise gli onori della serata con il soprano Maria Gentile (1902-1993), il baritono Dante Perrone (1893-1988), il pianista accompagnatore Marchesi e un “ottima prova è stata anche quella del nuovo pianoforte gran coda della locale fabbrica “Schulze e Pollmann”.

Un giovanissimo esordiente fu il tenore Mario Del Monaco (1915-1982) transitato in apertura della stagione lirica primaverile del 1942, giovedì 28 maggio, sulle scene del Teatro “Verdi” nel ruolo di Pinkerton della pucciniana Madama Butterfly: “Nelle vesti di Pinkerton è stato ascoltato il giovane tenore Mario Dal Monaco, recentemente rivelatosi sulle scene liriche. Si tratta di un cantante esordiente dotato in maniera non comune: voce generosa di sicuro timbro, estesa ed in possesso di acuti di immediata efficacia. Gagliardamente inebriato di tanto dono naturale il Dal Monaco distribuisce le risorse della sua ugola senza alcun risparmio con la munificenza tipica di chi non deve misurare i propri mezzi: ma di tal pregio ne soffrono talvolta le conseguenze le sfumature, le finezze, le mezze voci, i contrasti timbrici insomma che sono essenziali in un canto condotto con arte. Quando avrà, con accorto e non affrettato metodo ben distribuito il dovizioso materiale che con giovanile esuberanza elargisce a piene mani, e quando il suo gesto scenico avrà appreso a cadere più a proposito, egli potrà essere salutato come una delle buone energie del teatro melodrammatico.” (La Provincia di Bolzano, venerdì 29 maggio 1942)